Una delle più recenti sentenze di Cassazione sulla diffamazione online è stata emessa il 16 gennaio 2023 dalla Corte di Cassazione, Sez. V Penale.
Secondo la Corte, il delitto di diffamazione tramite il web è considerato un reato istantaneo di evento, che si consuma nel momento in cui la frase o l’immagine lesiva diventano fruibili da parte di terzi. Da quel momento inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato.
La Corte di Cassazione ha comunque affrontato la questione della responsabilità civile per la diffamazione online in diverse occasioni.
Con la diffusione dell’uso dei social network e l’aumento esponenziale della connettività online, le preoccupazioni circa la gestione del crescente numero di offese commesse dagli utenti della rete sono emerse in tutto il loro fragore.
La Corte ha più volte sottolineato che la diffusione di opinioni da parte di un gran numero di utenti ha facilitato l’integrarsi di atti di diffamazione.
Questo ha portato ad associare i “commentatori social” con gli “hater online” che non esitano a esprimere giudizi offensivi e volgari, spesso dietro un facile ma illusorio scudo dettato dall’anonimato.
Per quanto riguarda la responsabilità dei blogger, la Suprema Corte ha stabilito che non possono essere ritenuti personalmente responsabili se rimuovono prontamente il post offensivo dopo essersi resi conto della sua natura offensiva.
Inoltre, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha chiarito che i proprietari di siti web non possono essere automaticamente ritenuti responsabili per ogni commento scritto da un utente. Tuttavia, se vengono a conoscenza di contenuti diffamatori e non agiscono prontamente ed efficacemente per rimuoverli, potrebbero essere considerati anch’essi responsabili.
La Corte ha evidenziato che in un caso specifico, il blogger ha mantenuto volontariamente espressioni diffamatorie sul suo blog fino a quando l’autorità giudiziaria non ne ha ordinato la rimozione. Questa prolungata pubblicazione di contenuti diffamatori ha contribuito al danno inflitto alla reputazione della persona menzionata.
Ma in che cosa consiste il reato di diffamazione?
A norma dell’595 del codice penale, commette il reato di diffamazione “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione” ed “è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032,00”.
In buona sostanza, i requisiti della diffamazione sono costituiti dall’offesa dell’altrui reputazione e dalla comunicazione con più persone.
L’offesa dell’altrui reputazione deve essere intesa come una lesione delle qualità personali, morali, sociali, professionali, di un individuo e si concretizza quando è lesa l’immagine, l’onore od il decoro di una data persona.
È importante notare che il sistema legale italiano distingue tra la responsabilità penale per diffamazione e la responsabilità per l’illecito civile.
La Suprema Corte di Cassazione ha affrontato principalmente la responsabilità civile per la diffamazione online.
La sentenza fornisce indicazioni utili per i procedimenti legali che coinvolgono diffamazione e insulti diretti agli individui attraverso piattaforme social, sottolineando che mentre gli attacchi verbali su piattaforme video (Skype, Zoom, etc) potrebbero non costituire reati penalmente rilevanti, possono comunque essere soggetti a responsabilità civile se comportano la violazione dell’onore di un altro partecipante.
La Corte ha inoltre delineato i criteri per determinare la giurisdizione territoriale nei casi di diffamazione commessa tramite Internet. Infatti, ha osservato che in situazioni in cui sono stati commessi multipli reati di uguale gravità, dovrebbe essere identificato il primo commesso.
Se il primo reato coincidesse con la diffamazione online, la giurisdizione territoriale dovrebbe essere determinata in base a dove il contenuto diffamatorio è stato caricato prima di essere pubblicato sulla rete. Se non è possibile identificare il luogo di consumazione del reato, allora la giurisdizione dovrebbe basarsi sul domicilio del convenuto.
La Corte di Cassazione fa luce sulla responsabilità civile per la diffamazione online e fornisce indicazioni sulla determinazione della giurisdizione territoriale. Sottolinea l’importanza di agire prontamente per rimuovere il contenuto diffamatorio da parte dei blogger e stabilisce che la prolungata pubblicazione di espressioni diffamatorie può contribuire al danno causato alla reputazione di un individuo. Tuttavia, è essenziale considerare che la responsabilità penale per la diffamazione potrebbe ancora sussistere accanto alla responsabilità civile in casi specifici.
La diffusione tramite un sito internet o un social network di contenuti offensivi dell’altrui reputazione è certamente idonea, al contrario di ciò che in molti pensano, ad integrare il reato di diffamazione aggravata a norma dell’ art. 595 comma 3 C.p., atteso l’indubitabile carattere pubblico di tali mezzi di diffusione, configurandosi per loro stessa natura e funzione come mezzi idonei a raggiungere una pluralità di utenti abilitati al collegamento con la rete.
Diverse recenti sentenze hanno anche stabilito che il reato di diffamazione, anche perpetrato a mezzo Facebook o altro social network, è integrato anche nel caso in cui nelle dichiarazioni diffamatorie non venga fatta espressa pronuncia del nome della vittima, ma la stessa sia agilmente individuabile, valutando anche la sola successione cronologica dei commenti e la strutturazione degli stessi all’interno della conversazione
(Tribunale di Lecce, sez. I, 18/08/2023, n. 2403).
Dott. Nicola Niutta – Niutta&Marchetti Legal Solutions